LUNEDI 14 agosto
MARTEDI 15 agosto
MERCOLEDI 16 agosto
spettacolo unico ore 21.30
Progetto
QUELLI DELLA COMPAGNIA GLI IMPERDIBILI
per il cinema d'essai in Toscana
Regia: Aki Kaurismäki
Attori: Sherwan Haji - Khaled, Sakari Kuosmanen - Wikström, Ilkka Koivula - Calamnius, Janne Hyytiäinen - Nyrhinen, Nuppu Koivu - Mirja, Kaija Pakarinen - Moglie, Niroz Haji - Miriam, Simon Hussein Al-Bazoon - Mazdak, Tuomari Nurmio, Kati Outinen, Tommi Korpela
Sceneggiatura: Aki Kaurismäki
Fotografia: Timo Salminen
Montaggio: Samu Heikkilä
Scenografia: Ville Grönroos, Heikki Häkkinen, Markku Pätilä
Costumi: Tiina Kaukanen
NOTE
ORSO D'ARGENTO PER LA MIGLIOR REGIA AL 67. FESTIVAL DI BERLINO (2017).
GEMANIA / FINLANDIA 2017 - 98 min.
Produzione: AKI KAURISMÄKI PER SPUTNIK OY
Distribuzione: CINEMA
Khaled è un rifugiato siriano che, giunto a Helsinki dopo un viaggio clandestino a bordo di una nave da carico, chiede asilo senza grandi speranze di successo. Wikström è un rappresentante di camicie che decide di tentare la fortuna al tavolo da gioco e, avendo vinto, molla il suo lavoro per apre il ristorante La Pinta Dorata in un angolo remoto della città. I destini di questi due uomini si incrociano dopo che le autorità rifiutano la richiesta di asilo di Khaled. Quest'ultimo, infatti, decide di rimanere nel paese illegalmente, vivendo per strada, ed è in un cortile buio dietro al suo ristorante che Wikström lo incontra. Dopo avergli offerto un letto e un lavoro, Wikström e Khaled, insieme alla cameriera del locale, allo chef, al direttore di sala e a un cane vivranno una serena utopia e insieme, forse, riusciranno a trovare ciò che cercano.
CRITICA
"'L'altro
volto della speranza' ci dice alcune cose molto serie, e la più seria
di tutte è questa: sul dramma degli immigrati bisogna anche saper
ridere! Ovviamente questa riflessione riguarda la sfera artistica,
riguarda Kaurismäki come regista e noi tutti come spettatori. Il film è
un miracolo (il precedente lavoro del finlandese si intitolava 'Miracolo
a Le Havre'): affronta in modo molto diretto un tema complesso e
doloroso, racconta l'odissea burocratica del giovane siriano con la
precisione di un documentario, sembra insomma un film di Ken Loach... e
invece è un film di Kaurismäki quindi fa anche, spesso e volentieri,
morir dal ridere. (...) Alcuni film aiutano a capire il mondo, L'altro
volto della speranza è uno di questi film." (
Alberto Crespi, 'L'Unità', 7
aprile 2017)
"Kaurismäki fa parte di quella specie rara di cineasti che andrebbe
protetta perché offre al cinema una valenza (e violenza) morale
inserendola in uno stile, perfino in una maniera. Con misura cinica e
humour da Keaton, parco di parole ma generoso di suggestioni e
distributore di solitudini, il finlandese Aki narra 'L'altro volto della
speranza' in una Helsinki da fantascienza. (...) L'autore non bara con
le parole, si fida del silenzio, ha una scrittura limpida, senza macchie
né baffi, dice le cose in modo semplice e inequivocabile: in giro c'è
razzismo e i burocrati sono così ottusi da dichiarare Aleppo luogo
sicuro. Dietro la compostezza del welfare che lascia pochi spiccioli di
pìetas di mancia, il vero senso di queste vite azzoppate si nasconde
negli sguardi e nei luoghi da zombies (...). Un capolavoro di sintesi
come tutto il film, tutto senza zucchero." (
Maurizio Porro, 'Corriere
della Sera', 6 aprile 2017
)
"Si direbbero le premesse per un dramma attualissimo sul tema delle
migliaia di reietti in fuga da terribili scenari di guerra che stentano a
trovare ospitalità in un Occidente sempre più orientato a chiudere le
frontiere; ma qui stiamo parlando di un'opera di Aki Kaurismäki, un
cineasta che usa penetrare la realtà per la via della poesia, cogliendo
peraltro lo spirito dei tempi meglio di un cronista. Sei anni dopo
'Miracolo a Le Havre', il regista finlandese dedica un'ennesima,
incantevole ballata al mondo a lui caro dei perdenti e degli outsiders,
mettendo su - a contrasto con l'indifferenza e la crudeltà
dell'establishment (...) - un tenero teatrino di esseri umani uniti dal
caso: rifugiati, invecchiati country-rockettari, camerieri stanchi, un
cuoco improbabile, e una paradossale figura di maturo commesso
viaggiatore, Wikström (Sakari Kuosmanen), deciso a regalarsi una nuova
opportunità di vita dedicandosi alla ristorazione. Solo a Kaurismäki
poteva venire in mente di far sedere il lunare Wikström a un tavolo di
biscazzieri per vincere i soldi necessari a rilevare un locale; solo
Kaurismäki, con la sua capacità di svaporare la tristezza in umorismo e
rinvenire la bellezza nello squallore, poteva cantare la bontà senza
scadere nella retorica. La fotografia bluastra di Timo Salminen
ispessisce l'atmosfera di sfumature surreali e malinconiche; nella loro
laconica imperturbabilità gli interpreti appaiono buffi e toccanti,
inclusa Kati Outinen, l'immancabile musa dell'autore." (
Alessandra
Levantesi Kezich, 'La Stampa', 6 aprile 2017
)
"Aki è indignato ma non distratto: il suo modo di cambiare il mondo non è
facendo proclami ma utilizzando il proprio cinema nella coerenza di un
linguaggio che travalica il messaggio. E' sufficiente infatti mettere le
persone al centro dell'inquadratura per manifestare il rispetto nutrito
'hic et nunc' nei loro confronti, mutandole così in personaggi. In tal
modo il regista - sempre anche soggettista e sceneggiatore dei propri
film - invita lo spettatore a fare altrettanto nei riguardi di
quell'universo umano stravagante e stralunato, non di rado divertente
nel suo essere balordo, ma perennemente emarginato dal potere, che
costituisce il nucleo della sua visione di mondo. Non fa eccezione (...)
'L'altro volto della speranza', fiaba lirica eppur socialmente
'arrabbiata' che porta l'incontro fra il Nord e il Sud del Pianeta,
anche in senso geografico. Khaled (interpretato dal bravo attore siriano
Sherwan Haji, realmente rifugiato politico in Finlandia) emerge nel
film dalla notte dei tempi, portato sulla terra dall'anarchia dei mari
con il corpo cosparso di sabbia: il chiarore lunare lo tinge di un blu
fosforescente, pronto a mutare nell'intenso azzurro elettrico da
pigmento, quel segnale kaurismakiano che caratterizza la sua Poesia
fortemente cromatica. È un alieno atterrato dal Nulla su una landa solo
in apparenza pronta ad accogliere tutti: il giovane lo imparerà a sue
spese, senza tuttavia perdere la speranza. Quella che anche noi nutriamo
verso la formula delle trilogie, se a tanta meraviglia riesce a
portarci." (
Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 6 aprile 2017)
"'L'altro volto della speranza' è la nuova perla di humour laconico dal
geniale Kaurismäki, con le sue ossessioni (cantanti di strada, Checker
Marathon) ma anche voglia di nuovo raccontando di immigrati a schiena
dritta (iracheni, siriani, somali) e finlandesi brava gente (la
Finlandia, come nazione, meno). (...) Chi conosce i sedici film
precedenti di Kaurismäki (tra cui 'Vita da bohème', 'Nuvole in viaggio',
'L'uomo senza passato') non può perderlo. Chi non li conosce pure."
(
Francesco Alò, 'Il Messaggero', 6 aprile 2017)
"Piacerà anche a chi non è un fan di Kaurismäki e magari non ha mai
visto un suo film. Resterà comunque incantato dal mix di malinconia e
umorismo che percorre tutta la storia (...)." (
Giorgio Carbone,
'Libero', 6 aprile 2017)
"(...) a proposito di risate già questo film ne offre una bella dose,
pur non essendo una commedia. Piuttosto è una specie di tragedia
continuamente trattenuta, dove i drammi sembrano sempre sul punto di
esplodere ma finiscono sul più bello per aprirsi alla speranza. Proprio
come nelle favole, di cui Kaurismäki è diventato il vero creatore
cinematografico. (...) Ridotta (...) all'osso la trama sembra solo un
canovaccio, ma è lì che il regista (che come sempre firma da solo anche
la sceneggiatura) innesta le sue gag, le sue riflessioni e le sue
speranze. Ai suoi fan regala un'apparizione di Kati Outinen,
protagonista di tanti suoi capolavori. In partenza per Città del Messico
(...), a tutti gli altri offre l'occasione di riflettere sulle
condizioni degli immigrati, sulle violenze dei razzisti (ce ne sono
anche nel film), sulla generosità dei poveri e degli emarginati con un
cinema politico che rifugge da tutti i luoghi comuni del genere. Non c'è
mai una predica nei film di Kaurismäki, una tirata moralista o il
rischio del manicheismo. C'è solo uno sguardo sorprendentemente
illuminante, capace di aiutare lo spettatore a vedere come le cose
possono essere modificate con un sorriso, una risata un po' malinconica o
l'improvvisa irruzione di un colpo d'ala surreale. C'è la poesia di un
autore che continua a possedere il segreto di una grazia contagiosa,
quella di un cinema capace di raccontare la realtà senza abdicare ai
sogni." (
Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 15 febbraio 2017)
"L'ultimo erede di Charlie Chaplin, e probabilmente l'unico, è nato in
Finlandia, si chiama Aki Kaurismäki e fa un film ogni 2-3 anni, ma ogni
volta cattura un pezzetto del nostro presente in forma di fiaba comica,
proprio come l'immenso Charlot, anche quando maneggia temi tragici. Al
centro dell'applauditissimo 'The Other Side of Hope', altro titolo da
premio, ci sono infatti due personaggi che si incrociano solo a metà
film. (...) Kaurismäki è un campione assoluto di economia narrativa:
luci, gesti, inquadrature, espressioni, tutto è sempre misuratissimo e
insieme irresistibile (...). Sappiamo subito che questi due tipi
strambi, il marito in fuga e il migrante arrivato col carbone, faranno
un pezzo di strada insieme, anche se perché si incontrino dando vita a
una di quelle piccole e utopiche comunità di marginali che sono la
specialità di Aki (...) Khaled, sempre grazie alla strepitosa economia
espressiva di Kaurismäki, tra una peripezia e l'altra ci ricorda con
quanta dignità un uomo può evocare il destino tragico di migliaia e
migliaia di altri profughi senza mai sfiorare il patetico o il
ricattatorio. È qui che il grande regista finlandese è davvero a suo
modo chapliniano. Il lungo dialogo in cui Khaled racconta cosa è
successo alla sua famiglia ad Aleppo senza muovere un muscolo di troppo,
non è solo una lezione di cine-morale. È un modo per rimettere ordine
nel caos quotidiano che ci anestetizza. Restituendo un volto, uno
sguardo, un senso a parole ormai logorate e astratte come Migranti,
Guerra, Libertà. Proprio come faceva Chaplin, anche se Kaurismäki non
racconta l'esplosiva nascita della modernità ma la sua lenta, tragica
fine. Che ci restituisce con timing implacabile e insieme infallibile,
ma senza mai perdere una segreta speranza." (
Fabio Ferzetti, 'Il
Messaggero', 15 febbraio 2017
)
"Quando sembra che non ci si possa più proteggere dallo spettacolo degli
orrori del mondo, quando le immagini di violenza, sopraffazione, dolore
ci sovrastano attraverso media e social network, quando proteste e
denunce hanno la stessa potenza di armi scariche, allora è il momento di
vedere un film di Aki Kaurismäki. Non perché il regista finlandese
scelga un cinema di puro intrattenimento, al contrario. Kaurismäki non
ha mai smesso di dialogare con il mondo esterno, ma ha scelto di
raccontare ingiustizie e misfatti a modo suo, con leggerezza e poesia,
senza accuse, polemiche, rabbia e facili giudizi, sempre attento a una
umanità fragile, ma capace di mettersi all'ascolto dell'altro, di
comprendere, di accettare e amare. Molti connazionali detestano il
regista per come si vedono rappresentati nei suoi film, ma il pubblico
internazionale lo ama e i festival lo inseguono, come la Berlinale che
ha infatti scelto il suo 'The Other Side of Hope' (L'altra faccia della
speranza) per la competizione. E gli spettatori, addetti ai lavori
compresi, lo hanno accolto con un entusiasmo finora riservato a nessun
altro titolo. (...) anche con questo film si ride, e moltissimo. La
vicenda, costellata di canzoni blues e rock, ruota intorno a un incontro
destinato a cambiare la vita di un gruppo di persone, stralunate e
laconiche come tutti i paradossali e impassibili personaggi di
Kaurismäki." (
Alessandra De Luca, 'Avvenire', 15 febbraio 2017)
"'The Other Side of Hope' (...) è una scommessa che sulla carta era
rischiosissima. Cos'avreste commentato (...) se vi avessero detto papale
papale: Aki Kaurismäki fa un film sui rifugiati siriani? Perché questo è
'The Other Side of Hope'! Il regista finlandese ha già parlato altre
volte di 'temi sociali', di quella cosa misteriosa che chiamiamo
'attualità'; anche in 'Miracolo a Le Havre' c'erano dei migranti, ma
l'attenzione al 'sociale' era sullo sfondo. Qui, invece, è in primissimo
piano, al punto di girare metà film in centri di accoglienza e stazioni
della polizia. Kaurismäki prende il tema, elegge a coprotagonista un
rifugiato siriano ma lo racconta esattamente con i suoi toni, con il suo
stile: le scene in cui quest'uomo deve confrontarsi con la burocrazia
finnica sono terribilmente realistiche e al tempo stesso sono puro
Kaurismäki, perché Kaurismäki è il cineasta che più si avvicina a Kafka
nel descrivere i meccanismi della vita con un tono al tempo stesso
surreale, ironico e terribilmente concreto. Poi, l'idea geniale: per
mezz'ora l'odissea del siriano è raccontata in parallelo a un'altra
odissea, quella di un signore benestante che molla la moglie, taglia i
ponti con il passato, si guadagna un po' di contanti in una partita a
carte che vale l'Altman di 'California Poker' (e pensateci un attimo:
chi ha più 'poker face' dei personaggi di Kaurismäki?) e infine acquista
un ristorante dove lavorano altri tre o quattro scoppiati. A un certo
punto il siriano arriva al ristorante, e le due storie si uniscono.
Prendere il tema dei temi, in questa nostra Europa, e farne un film
tenero, buffo, triste e personalissimo è cosa che può riuscire a
pochissimi. Aki è uno di quei pochissimi." (
Alberto Crespi, 'L'Unità',
15 febbraio 2017
)
"'The Other Side of Hope' (...) ritorna sulla relazione che era già al
centro del precedente 'Miracolo a Le Havre', quella cioè tra l'Europa e i
migranti che arrivano qui costretti a fuggire dolorosi vissuti di
guerra, miseria, violenza. E lo fa nello stile di Kaurismäki, in
quell'oscillazione che già il titolo sembra suggerire tra il mondo come è
e come lo vorremmo, il «suo» mondo di regista in cui l'utopia, il
fiabesco mettono a nudo con precisione i paradossi della realtà - che è
poi la forza del cinema, la sua potenza politica e di consapevolezza. È
in questa «distanza» che Kaurismäki negli anni ha inventato una
Finlandia fuori dal tempo, un paesaggio interiore popolato da figure
stralunate, buffi sognatori, giocatori di azzardo, musicisti rock e folk
al centro delle sue inquadrature limpide che arrivano all'essenza delle
cose . (...) 'The Other Side of Hope' è finora il film più bello visto
nel concorso berlinese, e senz'altro la scommessa ancora una volta vinta
che si può parlare del presente senza cadere nei luoghi comuni e
soprattutto senza mettere da parte il cinema. Kaurismäki sa
magnificamente guardare il nostro tempo continuando a inventare
un'immagine che anche nel confronto con un tema di «attualità» sorprende
lo sguardo lievitando nel suo tocco sempre esilarante. Senza retorica
da «buone coscienze», la sua poetica cattura i paradossi del presente
con umorismo, comicità, sentimento. Non ci sono tante spiegazioni se non
che da qualche parte esistono delle persone che si aiutano come
possono. Sono scelte piccole, prive di enfasi, che pure diventano gesti
di grande rottura rispetto all'indifferenza, alle assurdità di leggi,
confini, trattati politici, interessi dei potenti. Lì, nella sala
scassata del ristorante La pinta d'oro una rete di «solidarietà» diventa
possibile, anche se questo non significa che tutto il male sparisca. È
un primo gesto, qualcosa da cui ripartire: l'altro lato di una speranza
che è quasi come una rivoluzione." (
Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 15
febbraio 2017
)
"E' sempre il mondo della modernità morbidamente disintegrata di Aki
Kaurismäki: persone solidali di un perduto umanesimo, una vecchia
limousine nera e una radio anni '50, colori pop tenui in interni freddi,
facce d'altri tempi e ironiche bische, tra truci naziskin, smartphone,
grattacieli, auto e una quotidiana, finnica malinconia nella quotidiana
universale corruttela spiccia. (...) Titolo: 'L'altra faccia della
speranza'. Film politico, di poesia e ironia nell'impasto attualizzato
di Capra e Chaplin, sorta di dittico con l'altro titolo portuale 'Le
Havre ', è il più esposto sull'Europa di oggi secondo Kaurismäki (...)."
(
Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 15 febbraio 2017)